ForumCommunity

Cuore di Circuiti,Corpo d'acciaio

« Older   Newer »
  Share  
view post Posted on 28/11/2012, 18:56
Avatar

Hoster del TeamSpeak3

Group:
Administrator
Posts:
179
Location:
Dall'oscurità

Status:


Nota: Una storia che mi ronzava in testa da circa un mese, sul passato di una certa Nasod che tutti conosciamo e, a seconda dei casi, odiamo a morte o amiamo alla follia. Ho inserito alcuni, molti, personaggi originali e la storia potrebbe non essere fedele al 100% al BG di Elsword, per quanto io proverò sempre a far combaciare il tutto. Spero che la apprezziate... al pari delle altre che sto pubblicando non so quanto frequentemente la posterò poiché, anche se ho già ben in mente tutta la trama, sono molto discontinuo nello scrivere. Per la gioia di Deoron, Huginn e Sanae ho evitato linguaggio scurrile. Enjoy.

CORPO D'ACCIAIO
E CUORE DI CIRCUITI



1.


Il chiacchierare della gente è insopportabile riempe completamente la sala, arrivandomi fino ai timpani, scaldando l'aria e dando una parvenza di allegria alla serata. Gli invitati sono tutti nell'enorme salone delle cerimonie, una stanza di marmo bianco, un colore così puro... così innocente. Alle pareti, accanto ad ampi finestroni, vi sono arazzi imponenti che scivolano fin sul pavimento, ritraendo le vicende dell'Impero: nel primo, la nascita dei primi Nasod, ancora rozzi e primitivi, con tecnologia scarsa e basilare; i primi incontri con altre civiltà. L'arazzo centrale, completamente rosso, rosso come il sangue della scena che ritrae, rappresenta la ribellione della mia stirpe agli uomini, guadagnando la libertà tanto agognata. E, per ultimo, la creazione dell'Impero. Il panorama, all'esterno, è buio: attorno al castello non vi è una luce, solo dolci colline battute dal freddo vento serale, appena illuminate dal grande disco argenteo della luna... è talmente brillante, stasera, circondata da tutte quelle meravigliose stelle. Vorrei essere fuori, nel giardino, a contemplare questo spettacolo. Invece, sono costretta sul mio trono: un enorme sedia in ebano e ferro semitrasparente, tempestato di pietre di ambra dorata, sormontato da una grossa effige di un Nasod attorniato dalla luce del sole, quasi fosse un dio che stringe in mano il globo luminoso. Nonostante la noia, tento di tenere un comportamento regale, perfetto, rimanendo dritta, lo sguardo ben alto, l'espressione impassibile. Tutti coloro presenti nella sala, a turno, mi lanciano delle occhiate che non saprei interpretare. Sentimenti... sentimenti umani. Noi non ne abbiamo, siamo destinati solo ad avere un qualcosa che li genera per noi, creando un surrogato perfetto ma falso. Falso. Non so cosa sia la felicità, l'amore, la tristezza, la sofferenza... non so dire cosa quegli sguardi vogliano dire, se siano di ammirazione od odio. Il chiacchiericcio degli invitati si fa più forte; sento volare qualche risata, mentre le discussioni si fanno sempre più animate. Sposto gli occhi sulla torma di persone, rappresentanti di vari regni, se non specie, tentando di individuare qualcuno di interessante, degno di essere osservato. Purtroppo non vi è alcun tipo del genere, tra la folla. Il Simulatore di Emozioni mi trasmette una sensazione, quella che gli uomini chiamano noia. Rassegnata, torno a guardare la luna, ben visibile dalla mia posizione sopraelevata, che illumina ora, dolcemente, il giardino. -È bellissima, non è vero?- sussurra una voce al mio orecchio. Una voce vellutata, calda... umana. Mi volto lentamente, incrociando il suo sguardo color del miele, il volto perfetto, un sorriso appena accennato. -Ivy...- dico -...cosa ci fai qui? Pensavo fossi con gli ambasciatori elfici-. La guardo. Lei... la mia gemella. Ivy. Tutto ciò che non potrò mai essere, il perfetto esempio di come dovrebbe essere una regina. Una cascata di capelli color argento, brillanti, lunghi quanto la sua schiena; perfetta nel suo abito nero, a suo agio su quei tacchi color pece. Il sorriso sempre sul volto, una voce così bella... umana. L'aggettivo perfetto per lei: umana. Eppure, non è lei la Regina. Sono io. Ho sempre pensato fosse una cosa sbagliata... per quanto possiamo assomigliarci, lei sarà sempre più bella, regale... anche ora è talmente splendida che molti sguardi si sono calamitati su di lei. Eppure, ignorandoli, continua a guardarmi divertita, sorridendomi -Sei davvero bella, stasera- mi dice, accarezzandomi i capelli, passandomi le dita tra di essi. Scuoto la testa. Il sorriso si allarga, mentre si china più su di me -Non sono solo io a dirlo. Tra gli invitati stai facendo non poche stragi di cuore, sai? Addirittura il freddo Erelllin ha riconosciuto che sei “Uno splendido, piccolo angelo, così fragile e perfetto”-. La sua mano mi scivola via dalla testa, delicatamente com'è arrivata. Mi volto appena per risponderle, quando... uno squillo di trombe. La sala piomba nel silenzio. L'araldo Nasod si fa avanti, tendendo il braccio verso l'entrata -Vostra Maestà, Regina Eve, sono qui oggi tra noi gli illustri cavalieri del Regno di Belder. Genesis Celor, Capo della Guardia Imperiale, Generale Supremo degli eserciti del Regno; Boros Kuron e Miranda Blake, Cavalieri della Guardia Imperiale-. Mi volto di nuovo verso Ivy -Perché nessuno mi ha avvisato del loro arrivo?- le chiedo. Un leggero, grazioso risolino le sfugge dalle labbra -Ero proprio venuta a dirtelo ma credo che la tua abbagliante bellezza me l'abbia fatto passare di mente.- detto questo, lentamente, arretra, fino ad uscire dal mio campo visivo. Appena sento il portone spalancarsi, torno subito a guardare il centro della sala. Da destra e sinistra, contemporaneamente, emergono due figure avvolte in due grandi armature bianche, con decorazioni dorate; ampie cappe blu scendono dalle spalle, sventolando appena dietro le loro schiene ad ogni passo. Boros Kuron è l'uomo sulla destra, i capelli di un color biondo cenere che arrivano fino a metà del collo, la mano sull'elsa di una spada che spunta appena da sotto la cintura. L'altra è sicuramente Miranda, la maga più potente del Regno; lunghi capelli color rosa tenue che oscillano graziosamente sulla schiena, brillanti; tra le mani regge un ampio scettro, di un nero profondo, la cui cima è sormontata da un pietrone blu mare che emette una luce appena accennata, eterea. Avanzano fino a metà della sala, fermandosi e rimanendo lì, impettiti. Infine, tutta la sala sposta lo sguardo sulla figura più attesa: il Capo della Guardia Imperiale. Mi sono sempre chiesta come potesse essere... che aspetto potrebbe avere un guerriero tanto potente. Me lo sono sempre immaginato avvolto da un'aura di potenza, quasi opprimente, di una forza sconfinata. Ed invece, la persona che fa il suo ingresso sembra quasi impacciata, sorridente, forse nervosa; si guarda tutt'attorno, dando dei continui colpetti all'elsa della sua arma, mentre avanza lungo la stanza, fin a trovarsi sotto il mio trno. Qui sotto si ferma, fissando prima me, poi i due compagni. Boros, quasi rassegnato, gli fa un cenno e lui, annuendo impacciato, sale lentamente i gradini fino a giungermi davanti. Ora posso vederlo bene; i capelli ribelli, di un profondo color rosso, sono sparati verso l'alto, in disordine; gli occhi, come due rubini scintillanti di vitalità, il sorriso imbarazzato. I nostri sguardi di incrociano; mi sento quasi risucchiata da quelle fiamme che sembrano ardergli nelle iridi. Infine, si inginocchia, prendendomi la mano e depositandovi sopra un leggero bacio, le sue labbra, calde, vive, che sfiorano il mio freddo dorso -È un piacere incontrarla, Regina Eve. È molto più bella di come me l'avevi descritta, Boros.- aggiunge, voltandosi verso il compagno che si passa una mano sul volto, rassegnato. Infine, si alza, rivolgendomi un altro sorriso, passandosi una mano sulla nuca -Mi scuso se siamo giunti con così poco preavviso, ma...-
Scuoto la testa -No, non importa. È un piacere anche per me incontrare il Capo della Guardia Imperiale; ho sentito molto parlare di voi e delle vostre imprese in battaglia.-
-Ma no, non sono così speciale...- si schermisce, tornando a guardami con quei due pozzi infuocati che sembrano volermi divorare. Ormai il resto degli invitati ha ripreso a parlare tranquillamente, ignorando l'ospite che, fino a poco prima, era al centro della loro attenzione. -Con il vostro permesso, io tornerei dai miei compagni.- aggiunge poi, dandomi un ultima occhiata. Annuisco, esitante, mentre lui si gira, scendendo lentamente i gradini, facendo un ampio gesto di rassicurazione agli altri due che, sospirando, gli si fanno incontro. Ivy mi torna vicino, sedendosi su un bracciolo del trono e mettendomi una mano sulla spalla -Stai bene?-
-Sì... sì.-
-Non te lo aspettavi così, eh?- ride, lisciandosi l'ampia gonna nera, mentre inizia a guardare il trio appena giunto ricongiungersi, inconfondibili tra la folla grazie a quelle grosse armature smaglianti. Boros gli sta parlando in modo concitato, mentre Amanda si limita a scuotere la testa. Lui, invece, continua a sorridere colpevole, dando ogni tanto qualche colpetto alla spalla del suo commilitone. Infine, l'altro sembra arrendersi, smettendo di parlare. -Eve... Eve... Eve.- una delle delicate mani di Ivy mi scuote appena la spalla -Ti vedo assente. Sei sicura che sia tutto a posto?-
La guardo... come fa ad essere così... così umana? Quel suo sguardo preoccupato... è identico a quello che aveva Kuron quando Genesis è entrato nella sala. Annuisco. Improvvisamente, tra la folla si crea del trambusto. Due chiome color verde smeraldo si parano davanti ai selvaggi capelli rosso profondo di Genesis; ma quelli... -...gli ambasciatori elfici?- chiedo, esitante. Ivy si alza in piedi, scendendo con grazia gli scalini, giungendo lì vicino. Erellin sta parlando inferocito ai tre cavalieri, puntando un dito accusatore contro il capitano che, con la sua solita aria imbarazzata, prova a rispondere qualcosa. Se solo capissi... rumore di acciaio sguainato. Contemporaneamente, i quattro soldati elfici, Erellin e Boros estraggono le lame, mentre Amanda alza lo scettro. L'aria si fa carica di tensione. Ivy si avvicina, mettendosi in mezzo, parlando con la sua voce dolce e soffice. Le lame si abbassano appena e i due gruppi, muovendosi a distanza, si avvicinano al mio torno. Infine, Erellin si inchina rispettosamente gli occhi bassi -Sua Altezza... mi spiace di aver sguainato il ferro nella sua dimora. Ma questo individuo- indica Genesis, mentre la sua voce si vena di puro odio, rabbia, disprezzo -è uno di coloro che ha ucciso i nostri guerrieri più valorosi in battaglia, senza pietà alcuna!-
Sbarro gli occhi. Non è... non è possibile. Questo ragazzo dall'aria impacciata ed innocente ha davvero... ha davvero ucciso brutalmente... dei combattenti elfici? L'espressione del Capo della Guardia si fa contrita -Ecco... io...- abbassa lo sguardo -...è tutto vero. Ma io... sono stato costretto! Eravamo nemici, era una guerra. Combattevamo per le nostre vite. Io... non volevo. Ma ho dovuto.- detto ciò, alza nuovamente il viso, stavolta deciso, fiero. Non è più l'impacciato ragazzino di prima. Erellin porta la mano all'arma, stringendo i denti -Hai dovuto, dici?! Tu, dannato... io pretendo il tuo sangue per vendicare i miei compagni caduti. In guerra non siamo riusciti ad incrociare le nostre lame... ma oggi è diverso. Ora che ti ho trovato, non ti lascerò andare via!-
-Come desideri.- risponde semplicemente Genesis, estraendo la sua lama -Se è questo quello che vuoi... mi scuso, Sua Altezza.- aggiunge rivolto a me -Anche questa volta non combatto per mia volontà-. La sua spada è come una sua estensione: anch'essa rossa, anch'essa colma di fiamme, è ricoperta di rune brillanti che emettono uno strano bagliore. La lama di Erellin è invece in vetro elfico, trasparente e multicolore, quasi etereo. Boros poggia una mano sulla spalla al suo capitano -Genesis, non credo...-
-Stanne fuori.- gli risponde seccamente. Come è possibile questo mutamento? Prima era a chiaramente a disagio, spigliato, imbarazzato... ora è freddo, calmo. Determinato. I due avversari si guardando, cominciando a muoversi in un circolo lento ma inesorabile, che li avvicina sempre di più, le lame pronte a saettare una contro l'altra. Ivy si siede accanto a me, lasciando penzolare i piedi -Eve, forse dovresti fare qualcosa.- sussurra.
-Non hai sentito?- le parole mi escono automaticamente dalla bocca, di getto -Non si fermeranno-. Eppure dovrei almeno tentare... perché non li fermo? Infine, in uno scatto appena visibile, si lanciano uno contro l'altro; il clangore delle lame rimbomba nella sala, mentre una pioggerellina di scintille si alza in aria. Si separano bruscamente; Erellin parte di nuovo all'attacco, come un lupo affamato, portando una serie di fendenti concatenati, una specie di arabesco di mortale acciaio; Genesis, dal canto suo, si limita a fermare ogni attacco senza apparente sforzo, bloccando uno dopo l'altro i colpi. Infine, ruggendo, l'elfo afferra la lama con due mani; un colpo rapido, che fende l'aria, portato con enorme forza. La Guardia Imperiale sbarra gli occhi, come sorpreso... e contrattacca. La lama dell'avversario impatta contro il piatto della sua; Erellin si sbilancia all'indietro, sorpreso. -Mi aspettavo di più.- la voce di Genesis è appena udibile -Questa è tutta la tua forza? Lascia che ti mostri la mia... quella sotto cui sono caduti i tuoi compagni-. La sua voce... è tagliente. Gelida come un blocco di ghiaccio. Scatta in avanti: la spada saetta verso la spalla destra dell'avversario, squarciando in diagonale la pelle, aprendo una lunga ferita che incide la carne; facendo un mezzo giro su sé stesso, lo colpisce con un singolo calcio sullo stomaco, facendolo barcollare all'indietro. La lama raggiunge le spalle dell'elfo, colpendo col piatto. Il rumore di ossa rotte è udibile in tutta la sala; l'ambasciatore alza debolmente la lama, in un patetico tentativo di parata. Un altro fendente, e la sua spada vola via, cadendo con un clangore lontano. Gli si para di fronte; un altro fendente, opposto all'altro, formando una X di sangue sul suo corpo; l'elfo crolla a terra, gemendo. Genesis lo sovrasta, la spada in mano pronta ad affondare nella carne dell'avversario... la alza, brillante. -NOOOO!- una voce acuta mi trapana le orecchie, mentre una piccola figura, rapida, si metter tra i due combattenti. -Ti prego, non fare del male ad Erellin! Ti prego!- geme la piccola elfa, facendo da scudo con il corpo all'ambasciatore -Hai vinto, va bene, ma non fargli del male!-. Per un momento, gli occhi dei due si incontrano: piccoli ed innocenti smeraldi nelle fiamme ardenti dell'altro. Per un momento, il silenzio domina la sala, rotto solo dall'ansimare della ragazzina. Infine, un sorriso si schiude sul volto di Genesis che, calmo, rinfodera la spada. Il suo viso torna quello di prima, mentre si guarda intorno, probabilmente rendendosi solo allora pienamente della situazione. -Va bene, piccola... piccola...-
-Rena.- risponde lei, portandosi le mani ai fianchi con aria temeraria.
-...Rena. Hai smosso il mio cuore...- dice, portandosi una mano al petto ed asciugandosi una lacrima -Non gli farò del male. Anzi, mi scuso con lui e spero che, dopo ciò, i dissapori tra di noi spariscano- mentre lo dice guarda il suo avversario -Ah, è svenuto...- si passa nuovamente la mano sulla nuca, voltandosi stavolta verso di me -Perdono per tutto ciò. Non volevo arrecarti... ehm, arrecarVi, disturbo e la situazione è degenerata. Spero che mi perdonerai... perdonerete. Ehehehe...- termina con una risatina nervosa. -Ma certo, capisco. L'importante è che sia tutto risolto. Ora, qualcuno porti l'ambasciatore nei suoi alloggi.- rispondo -E facciamo finta che questo non sia successo.- la tensione si scioglie, mentre tutti tornano sereni. Ivy mi accarezza i capelli -Hai sorriso.- dice soltanto. Io... cosa? L'ho fatto? Ho... sorriso? Provo a dirle qualcosa ma... è già sparita. Come sempre.

2.


Mi siedo sulla panca di pietra, poggiandomi delicatamente allo schienale e alzando gli occhi sul cielo azzurro, terso, privo di nuvole; così puro e splendente, infinito, che si estende a perdita d'occhio, avvolgendo questo mondo. Un leggero venticello scuote appena la verde e tenera erba che cresce tutt'attorno al piccolo spiazzo lastricato, circondato da alcuni alberi il cui stormire delle fronde produce un lieve e basso brusio. Tutto è così calmo... tranquillo. Dopo quell'episodio di due giorni fa è quello che ci vuole; non so perché, ma il parco mi è sempre piaciuto, al contrario del resto del castello. Troppo grande, maestoso, sfarzoso. Artificiale. Come ogni Nasod. Come me. Mi guardo le mani, piccole e bianche, lisce e perfette. Non umane. Forse è per questo che non sopporto il palazzo... mi ricorda costantemente che non potrò mai provare vere emozioni, solo un patetico surrogato. Per quanto perfetti, per quanto intelligenti, non potremmo mai essere veri. Completi. Sospiro... anche questa tristezza è finta. Falsa. Come il resto. Chiudo gli occhi, ascoltando il sussurro del vento. Dove sarà sir Celor? E spero che l'ambasciatore Erellin stia bene... ieri era ancora così debole da riuscire a malapena a muoversi. Fortunatamente i medici sono riusciti ad evitare che il danno fosse irreparabile, dato che l'impatto ha colpito proprio la spina dorsale, incrinando anche tre costole, ed ora dovrebbe riprendersi entro qualche giorno. Genesis, invece, è sembrato così imbarazzato per l'accaduto... più ci penso e più non riesco a capacitarmene. Genesis Celor, quel ragazzo dai capelli fiammeggianti e così impacciato, sia in realtà una macchina da guerra fredda e spietata? Durante il duello si è fatto così serio, eppure non ha puntato all'uccidere, ogni sua mossa era calcolata per ferire e stremare senza dover necessariamente strappare via la vita del suo nemico. Ma l'ambasciatore ha detto che ha massacrato senza pietà tutti i suoi compagni... gli umani sono così difficili da capire. Strani... complessi, forse è questo il termine giusto. Possono provare tante emozioni diverse, mescolandole e sovrapponendole, tanto da poterle simulare o mascherare a piacimento. Noi... Io non riesco a comprenderli. Sono abituata a queste sensazioni basilari e non in grado di essere mischiate e che vengono fuori quando richiesto, senza che possa fare nulla per modificarle. Perché siamo così diversi? Perché noi Nasod dobbiamo essere così avanzati, potenti in guerra, avanzati tecnologicamente e senza rivali nelle innovazioni... eppure imperfetti. Come fa lui? Non so spiegarmelo... non ce la faccio proprio. Ogni volta che... Io... No! Mi alzo in piedi. Pensavo che stare qui mi avrebbe aiutato... ed invece sta solo peggiorando le cose. I tacchi bianchi degli stivali si poggiano sul lastricato. Mi guardo attorno, sentendomi quasi tradita. Che strana emozione, così irrazionale. Tradita da un luogo; eppure, qui trovavo sempre la calma, riuscivo a liberarmi dei pensieri pesanti che mi riempivano la testa, impedendomi di essere efficiente al massimo. Mi appoggio al bordo della fontana di marmo al centro della piazzola, specchiandomi nell'acqua cristallina. Due occhi color miele, capelli albini che arrivano sulle spalle ed un'espressione... un'espressione...
-Insicura?- una voce rimbalza tra gli alberi, facendomi sussultare. Mi volto di scatto, tentando di trovare colui che ha pronunciato la frase, spostando febbrilmente lo sguardo tra le siepi, le panche, i tronchi... che sia lui? -Mi spiace di avervi spaventato.- stavolta la frase è pronunciata alle mie spalle. Lentamente l'uomo si sposta davanti a me, i lunghi capelli color smeraldo che ricadono lunghi sulle spalle, tenendosi appoggiato ad una stampella; è pallido e respira a fatica, oltre a sembrare mortalmente spossato. -Ambasciatore Erellin...- sussurro, sorpresa -...pensavo fosse qualcun altro. Lei non dovrebbe essere nelle sue stanze?-. Mi blocco. Il mio tono di voce... era delusione, quella? Cosa... cosa c'entra? Perché? Cosa mi aspettavo? Lui sembra non notarlo e, invece, dopo avermi chiesto scusa per non potersi inchinare, si siede pesantemente su una panca, stringendosi il petto ferito, fasciato da delle candide bende. Le ferite di Genesis.-Sono qui... per parlare direttamente con lei.- fa una pausa, digrignando i denti dal dolore. Anche parlare deve risultargli insopportabile, eppure è venuto dalla sua stanza a piedi. Deve essere qualcosa di importante. Dopo aver respirato a fondo, riprende a parlare -...gli Elfi Oscuri. Il loro Decano sta per decedere. Ma hanno già un sostituto. UNA sostituta, per essere precisi. Della stessa età della giovane elfa che mi ha salvato dalla furia del Cavaliere-. Annuisco. La piccola Rena, quella ragazza che si è messa in mezzo durante il combattimento... anche se non credo che Genesis lo avrebbe ucciso davvero. Ne sono sicura. Sì, lui non lo avrebbe mai fatto. -Secondo le nostre spie, la bambina si chiama Chloe e sembra già sapere il fatto suo. È potente, molto più potente di qualsiasi altro sciamano prima d'ora... e ne siamo preoccupati. Sarò franco con voi: se per caso dovesse muovere guerra contro di noi, non so per quanto resisteremo. Mancano ancora molti anni prima che possa raggiungere la maturità e quindi prendere pieno possesso dei propri poteri. Eppure c'è già qualcuno che ha messo gli occhi su di lei... qualcuno o qualcosa di indefinito.- la sua voce trema appena, resa incerta dalla paura. Paura... paura degli Elfi Oscuri e della nuova apprendista o paura di ciò che non vede, di cui non è a conoscenza? Annuisco -Capisco la situazione. Cosa propone di fare?-.
-Per ora, il nostro Decano ha deciso di mantenere la guardia alta e di non smettere mai di spiare i loro movimenti. Non ci hanno ancora attaccato, tranne scorribande isolate di piccoli gruppi di Kena o semplici Sentinelle, ma potrebbe essere solo una strategia per logorarci. Hanno molto tempo a loro disposizione, per indebolirci e rafforzarsi ma noi non molleremo così facilmente. Solo, rimanga all'erta: gli Elfi Oscuri sono dei nemici temibili. Con il vostro permesso, ora, torno nei miei alloggi... mi sento ancora spossato.- detto ciò, si alza in piedi, non senza fatica, cominciando ad allontanarsi, lentamente, la stampella che produce ad ogni passo un suono secco, metallico. Al limitare della radura, si ferma, voltandosi appena -Se mi permette... non si guardi solo da loro. Ci sono altri nemici, in giro, che non aspettano altro che azzannarvi alla gola... e sono più vicini di quanto pensa-. Non rispondo, limitandomi a toccare appena la superficie dell'acqua, turbandola. Parlava di Genesis... ne sono sicura. Non smetterà mai di odiarlo, mai. Mi allontano, lisciandomi la corta gonna ricamata in piccoli Moduli d'oro, voltandomi indietro. La tranquillità che cercavo... non riesco a trovarla.

[…]

Un bagno di sangue; terrorizzata, non posso far altro che osservarli cadere uno dopo l'altro, crollare in ginocchio, stringendosi le parti del corpo ferite, troncate, urlando tutto il loro dolore, prima di cadere sul terreno e lasciarsi prendere da una morte atroce. Sono una ventina, tutti elfi, splendenti nelle loro armature di malachite, di un colore verde intenso, profondo, che sembra catturato dalla foresta stessa e forgiato nelle protezioni... una foresta insanguinata, macchiata di rosso, stillato da numerose ferite. Di chi è, questo sangue? Loro? O di qualche nemico? Perché stanno morendo? Tutt'attorno la battaglia infuria, gli uomini che schiacciano gli elfi contro le mura di una fortezza ormai in fiamme, devastata, le cui mura iniziano a perdere pezzi, divorate da fiamme impietose. L cielo è rosso cupo, volgendo ad un tramonto di sangue, che porta con sé tutte le grida straziate delle vittime, le loro invocazioni. Tra gli uomini, ne spiccano alcuni, imponenti nelle loro armature color della neve, orribilmente sporche di sangue nemico, sangue elfico. Il cozzare delle spade riempe l'aria, lo sferragliare delle armi, il rumore del ferro sul ferro, di acciaio squarciato, il nitrito dei cavalli. Una serie di frecce energetiche fendono l'aria, producendosi in uno spettacolare e mortale attacco dall'alto, che minaccia di piombare sugli uomini da un momento all'altro... salvo poi disperdersi contro una solida barriera di pura energia bluastra che assorbe i colpi senza lasciarne passare nemmeno uno, una grossa cupola che avvolge l'esercito assediante e che incanala gli attacchi magici; il suo epicentro è qualcuno tra le file delle armature bianche, qualcuno che non riesco ad identificare, poco più di un'ombra tra le tante. -Mantenete le posizioni! Non arretrate! Vittoria o morte!- ruggisce qualcuno, una voce familiare che viene da un punto indistinto, un accento elfico raffinato, tagliente. Eppure, questo gruppo di cavalieri non sembra resistere all'impeto dei nemici, una marea di soldati in cotte rosse, che con il vantaggio numerico stanno circondando la piccola schiera. Uno di loro, la cui armatura è di uno scintillante color oro, alza la spada in alto, gridando in lingua elfica, gettandosi poi con furia tra la mischia, muovendo rapido la spada e facendo il vuoto attorno a sé. I suoi compagni, rincuorati, sembrano acquistare nuovo impeto, contrattaccando duramente; il gruppo di uomini sembra subire il colpo, oscillando... e separandosi, di scatto, quasi intimoriti. Una figura avanza tra le due ali, mentre gli elfi si sono bloccati di scatto ad un cenno del comandante. L'armatura bianca che indossa il nuovo arrivato è sfarzosa, pesante, molto più decorata di quella degli altri presenti sul campo; la sua mano scivola automaticamente sulla spada e, in un attimo, arriva vicino al suo nemico. Nuovamente le due parti riprendono lo scontro, mero contorno al verso contro tra i due comandanti; le lame saettano, incrociandosi più e più volte... finché, con un unico attacco, l'umano non trapassa da parte a parte l'elfo, conficcando l'arma fin al manico nel suo petto, liberandola con un calcio. Senza attendere, si slancia contro il prossimo avversario, un altro con l'armatura dorata. Solo allora noto che, da sotto l'elmo, gli sfuggono alcune ciocche di capelli rossi. Solo allora noto che, poco lontano, circondato da cinque combattenti dorati, c'è Erellin. Come a rallentatore, vedo l'uomo falcidiare tutti i soldati in armatura dorata, senza fermarsi a combatterli, uno dopo l'altro, camminando tranquillamente. Erellin ruggisce di dolore, come un lupo ferito, gettando via l'elmo e saltando contro quella furia. Il suo sfidante, a sua volta, getta via la protezione, liberando il viso. Gli occhi ardono, ma sono sempre i suoi, come incendi trattenuti nelle pupille. Genesis non si affanna, cammina semplicemente... finché un gruppo di soldati semplici impegnati in un furioso scontro non separa i due, senza che le loro lame possano incrociarsi. Genesis, semplicemente, si volta, la spada conficcata nel terreno, a guardare il massacro che si svolge poco più sotto. Lì c'è la vera battaglia. Un espressione di dolore si apre sul suo volto, mista ad una grande tristezza, qualcosa di divorante. -Eve...- sussurra, voltandosi verso di me. Tende la mano. Ripete il mio nome. -Eve... Eve...-

[…]

-EVE!- Sbarro gli occhi, stringendo con forza un bracciolo del divano. Ivy mi è accanto, una mano poggiata sulla spalla, a guardarmi con un sorriso appena accennato, gentile, quasi dispiaciuto. -Eri così bella mentre dormivi che mi è quasi dispiaciuto svegliarti...- sospira, accarezzandomi la spalla. Mi guardo attorno, mettendo a fuoco la stanza. Sono nella mia camera, sul divano color della neve, rannicchiata in un angolo, la testa poggiata su uno dei morbidi cuscini; mi tiro a sedere, fissando Ivy che, invece, è già in piedi -Ti sei addormentata... te l'avevo detto, di risposarti, non c'era bisogno di andare nel parco. Potevi farlo dopo... ma tu non mi dai mai retta.- mentre lo dice, mi accarezza i capelli; il suo tono è a metà tra l'arrabbiato e il divertito... no, non arrabbiato, piccato. Come fa...? Come fa ad avere questi sentimenti? -Genesis vuole vederti. Ti aspetta all'ingresso del parco... sembrava qualcosa di importante.-
Annuisco -Dammi il tempo di prepararmi- sussurro, alzandomi in piedi a mia volta.
-Devi chiamare Ophelia?-
-No... No. Faccio da sola.-
-Bene, allora; A dopo, Eve.- Saluta con quella voce, ora così allegra, e, chiudendo dolcemente la porta, se ne va. Lei... è così umana. Perché non posso esserlo anche io? Stringo con forza la gonna che reggo in mano. Come fa? Mi siedo nuovamente sul divano, semi-svestita, rannicchiandomi di nuovo. Anche così... questa gelosia... è fasulla. FALSA! -Falsa...-. Rimango per un po' così, nel silenzio. Poi, alla fine, afferro un campanello e, lentamente, lo suono, producendo un suono cristallino che risuona nella stanza. In un secondo Ophelia mi si materializza davanti, con uno schiocco e una scintilla color lilla, inchinandosi rispettosamente -Ordini, Signora?-
-Allacciami... allacciami il vestito.-
 
Web Contacts  Top
0 replies since 28/11/2012, 18:56   45 views
  Share